Inside, Vasilis Katsoupis, 2023

Inside is inside. Inside the house, inside the body, inside the soul.
Going out is a difficult, painful climb up the mountain. The mind is the most dangerous side. Going beyond is always a leap into the void, but it is also the only possible way to liberation. Letting go to find, because there is no creation without destruction.

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An art thief, trapped in a hyper-technological skyscraper in New York will make an unexpected event, a crossing of primordial energies of water, earth, fire and air to surpass himself, starting from himself and having only himself as a launch pad and art as the final destination. The art that never dies and survives everything and everyone. The art of living, especially.
Willem Defoe alone with himself as the protagonist, making the angular and essential forms of Egon Schiele's bodies his own, returns with an interpretation that, precisely, goes beyond what is seen, a process of descent into oneself and of ascent towards awareness in the form of a story through images.

The actor's body is an instrument of the actor's art at its peak.

P.s. that Dafoe is notoriously a practically assiduous yoga and meditation practitioner and that the director is Greek are not irrelevant details, nor coincidences, in this case.

ITA

Inside è dentro. Dentro la casa, dentro il corpo, dentro l'anima.
Uscire è una risalita della montagna ardua, dolorosa. La mente è il versante più tempestato di insidie. Andare oltre è sempre un salto nel vuoto che però è anche l'unica via possibile per la liberazione. Lasciar andare per trovare, perché non esiste creazione senza distruzione.
Un ladro di opere d'arte, intrappolato in un grattacielo ipertecnologico a New York farà di un imprevisto, un attraversamento di energie primordiali di acqua, terra, fuoco e aria per superare se stesso, partendo da se stesso e avendo solo se stesso come rampa di lancio e l'arte come destinazione finale. L'arte che non muore mai e sopravvive a tutto e a tutti. L'arte di vivere, specialmente.
Willem Defoe solo con se stesso come il protagonista, facendo proprie le forme spigolose e essenziali dei corpi di Egon Schiele, restituisce con un'interpretazione che, appunto, va oltre quello che si vede, un processo di discesa dentro se stessi e di risalita verso la consapevolezza in forma di racconto per immagini.
Il corpo dell'attore è strumento dell'arte dell'attore al suo acme.

P.s. che Dafoe sia notoriamente un praticamente assiduo dello yoga e della meditazione e che il regista sia greco non sono dettagli irrilevanti, né coincidenze, in questo caso.



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